Il fegato delle donne
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Da Oriente a Occidente, tutta la medicina degli antichi era epatocentrica: secondo Galeno il fegato trasformava il cibo in sangue e aveva quindi una supremazia vitale sul cuore. È solo con gli studi fisiologici del XVII secolo che la medicina diventa cardiocentrica, fino a quel momento il fegato e la sua compagna cistifellea, produttrice dell’amara bile, erano stati considerati una sede dei sentimenti. Tutte le lingue del mondo fanno riferimento al fegato per esprimere diverse coloriture della personalità: il coraggio (avere fegato), la rabbia (rodersi il fegato), l’ira (farsi scoppiare il fegato), la sfrontatezza (avere un bel fegato) e persino il rancore e l’invidia (farsi venire il mal di fegato).
Il fegato è una ghiandola, la più grande del nostro organismo, che, in stretta relazione con l’apparato digerente, svolge funzioni indispensabili per il nostro stato di salute: produce la bile, necessaria per l’assorbimento intestinali dei grassi; metabolizza i nutrienti (carboidrati, grassi e proteine) assunti con gli alimenti e li distribuisce agli altri organi; disintossica l’organismo dalle tossine e scorie varie favorendone l’eliminazione; provvede alla demolizione di sostanze tossiche come i farmaci e l’alcol. È una centrale chimica importantissima, che risente in maniera particolare delle nostre abitudini alimentari: un consumo eccessivo e continuo di alcol può intossicare il fegato a tal punto da causare una steatosi epatica alcolica, che può degenerare in epatite alcolica, mentre un eccesso di calorie, grassi saturi e zuccheri semplici (o ad alto indice glicemico) può portare non solo a sovrappeso/obesità e diabete, ma può anche costringere il fegato a “difendersi” trasformando gli zuccheri in acidi grassi, che però sono dannosi perché ossidano le cellule del fegato (epatociti). Accumulando grassi giorno dopo giorno il fegato si ingrossa e ingrassa, fino a superare del 5% il proprio peso, portando a una condizione nota come steatosi epatica non alcolica o “fegato grasso”.
La steatosi epatica non alcolica è il disturbo più comune del fegato ed è in fortissima crescita: si stima che interessi 1 adulto su 4 e il rischio di averlo aumenta con l’età, anche se non sono assenti i casi di pediatrici come conseguenza dell’obesità infantile. È una patologia silenziosa – i sintomi più comuni sono alitosi e pesantezza addominale soprattutto dopo i pasti -, spesso scoperta facendo generici esami del sangue, ma che va ad aggiungersi a tutte quelle malattie che compongono la sindrome metabolica (ipertensione, sovrappeso/obesità, diabete) e che tendono a far aumentare il rischio di malattie cardiovascolari.
La steatosi epatica è una patologia che, al pari molte altre, non è neutra, ma può avere diverse declinazioni in base al sesso del paziente. Sebbene durante l’età riproduttiva il genere femminile sia protetto nei confronti della steatosi epatica non acolica, per ragioni ancora sconosciute e poco studiate, alcune donne sviluppano una malattia rapidamente progressiva al momento della menopausa, come evidenziato in un recente articolo pubblicato da un gruppo di ricercatori italiani sulla rivista scientifica Nature Medicine. Lo studio ha evidenziato un’interazione specifica tra gli estrogeni femminili e una variante genetica specifica PNPLA3 p.I148M, ereditaria, la cui “espressione” metabolica produce una proteina “mutata” maggiormente presente nel fegato delle donne rispetto a quello degli uomini. Tale risultato, sebbene circoscritto ad un tipo di steatosi epatica ereditaria e particolarmente aggressiva, ci aiuta a confermare quanto sia determinante il genere, in questo caso femminile, nell’insorgenza della steatosi epatica, e come questa malattia, generalmente più frequente nell’uomo, possa diventare predominante nella donna in menopausa, quando non più protetta dagli estrogeni. È lo stesso fenomeno che avviene nella donna con le malattie cardiovascolari, protette dagli estrogeni nel periodo riproduttivo anche se per motivi ancora parzialmente sconosciuti, che diventano predominanti rispetto al genere maschile nel periodo post-menopausa.
Il fegato delle donne è diverso anche rispetto all’eliminazione dell’alcol. Nel nostro organismo l’alcol viene assorbito per il 20% dallo stomaco e per il restante 80% dalla prima parte dell’intestino, quindi passa nel sangue e dal sangue al fegato, che ha il compito di distruggerlo mediante un enzima chiamato alcol-deidrogenasi. Tale enzima è assente fino ai sedici anni di età, e in ogni caso il genere femminile ne produce meno della metà rispetto a quello maschile: ciò rende più facile l’accumulo e la persistenza di livelli tossici di alcol nel sangue e nel cervello, rendendo la donna più sensibile e vulnerabile dell’uomo verso gli effetti dannosi dell’alcol e alla possibilità di sviluppare danni epatici anche permanenti.
Che fare? La migliore alleata della nostra salute è sempre la prevenzione. I rischi di sviluppare una steatosi epatica si riducono seguendo un’alimentazione povera di grassi saturi e zuccheri semplici, riducendo al minimo il consumo di vino/birra ed evitando del tutto l’assunzione di alcolici, mangiando molta frutta e verdura ricca di antiossidanti, consumando pesce più volte alla settimana: la vecchia e cara dieta mediterranea che non rappresenta solo una scelta di alimenti giusti e sani, ma l’adozione di uno stile di vita attivo.
Prevenzione vuol dire prendersi cura delle differenze, a partire dalla conoscenza e dal riconoscimento di ciò che ci rende divers* in termini di insorgenza, progressione e manifestazioni cliniche delle malattie
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